E ora parliamo di stupro

MagdalenePrima, come sempre, i fatti. Una ragazzina di Modena denuncia di essere stata stuprata a turno durante una festa da cinque coetanei. Uno faceva il palo, gli altri nel frattempo l’avrebbero costretta ad avere rapporti sessuali con loro. Uno dei tanti casi di violenza di gruppo che nel nostro paese come nel resto del mondo colpiscono le donne, anche molto giovani: Anna Maria Scarfò, Lorena Cultraro, la ragazzina di quattordici anni di Montalto di Castro. E come sempre, sui giornali fioriscono gli articoli dal tono fra il malinconico e lo scandalizzato in cui, fra un signoramia e l’altro, si cerca di estrarre dal caso del giorno un insegnamento morale.

La prima ad andare a pelle di leone è Concita De Gregorio. Ora, non c’entra niente ma c’entra: in bozza dentro questo blog c’è un post che parla de Il pane quotidiano, spazio culturale condotto da Concita De Gregorio su Raitre che fra le altre cose prevede la partecipazione di un gruppo di liceali. Un programmino dalle intenzioni oneste, che però usa gli studenti più o meno come figuranti. Siedono composti e in silenzio in un angolo con la faccia di chi poi esce e si guarda sei volte la trilogia di Twilight in fila, parlano quando interrogati, fanno domande che non prevedono uno scambio dialettico, e poi tutti a casa. Perché i giovani sì, sono il bello del mondo, la freschezza, il futuro, ma devono stare al posto loro e la cultura bisogna dargliela così, facendola cadere dall’alto come una tonnellata di mattoni. Se ti diverti non ti elevi, una cosa esclude l’altra.

E come la cultura, anche l’educazione sessuale si impartisce così, con i predicozzi strabici in cui si parla alle vittime, piuttosto che ai carnefici. Concita De Gregorio affronta il caso di Modena e la morale che ne ricava, stringi stringi, è: ragazzina, dovevi tenere le gambe chiuse. Cito:

“Quando ti chiedono di mostrargli le mutande non è vero che si alza l’auditel, come dice la canzone scema. Quando te lo chiedono vattene, ridigli in faccia e torna a casa.”

Che è esattamente la cosa da dire a una che ha appena denunciato una violenza di gruppo: vattene. Non dovevi giocare a quel gioco. Del resto, un tempo le stuprate le rinchiudevano in convento.

Il secondo a cadere sulla faccenda con un tonfo flaccido è Mauro Covacich, che individua la causa dello stupro nella società del consumo, liquidando la questione culturale nelle prime righe:

“A mancare non è la cosiddetta trasmissione di valori.”

Oplà, sistemato tutto: se cinque ragazzi chiudono una coetanea in bagno e la violentano la colpa è di Amazon Prime.

Due articoli che sono la rappresentazione plastica del perché sulla violenza sessuale non si riesca mai a fare un discorso sensato. Il primo parte dal presupposto che se ti stuprano è anche un po’ colpa tua, che sei sedotta dalla cultura dell’immagine, dal velinismo, dal carosello di bagasce a casa di Berlusconi, da quello che è. Il secondo mette sesso e stupro sullo stesso identico piano, in virtù del fatto che entrambi gli atti tirano in ballo i genitali. Anche un cazzotto e una carezza partono da una mano, ma nessuno si sentirebbe di confonderli: sesso e stupro vanno ugualmente distinti, a meno che non si pensi che il sesso sia sporco per definizione, e che lo stupro discenda dal desiderio, piuttosto che dalla sopraffazione.

Se non cominciamo a separare con fermezza lo stupro dall’atto sessuale, ogni riflessione e conseguente azione diventa inutile. Quando anni fa un concorrente del Grande Fratello raccontò di avere avuto un rapporto con un’amica in stato di incoscienza per eccesso di alcool, il massimo delle reazioni furono le battute della Gialappa’s Band, che (se la memoria non mi inganna) deplorarono la scelta come se si trattasse di cattiva educazione e non di violenza ai danni di qualcuno non in grado di acconsentire a un accoppiamento. Una donna trattata né più né meno che come un buco in cui infilare l’arnese, che vuoi che sia, a quello servono le vagine. Una donna che non ha diritto al rispetto della sua integrità fisica, una donna che può essere chiusa in una stanza e costretta ad atti sessuali. Non invogliata, costretta da qualcuno che poi se n’è vantato, perché qualcun altro non gli ha insegnato la differenza fra il sesso – quella cosa che si fa in due, in tre, in quindici ma comunque si fa perché lo vogliono tutti – e lo stupro, che è quella cosa che fai perché lo vuoi tu e l’altra persona no, ma l’altra persona non conta.

In una cultura come la nostra, che chiede alle donne di essere sexy ma caste, ammiccanti ma senza concedere troppo, tigri a letto ma senza esagerare e soprattutto di imparare a usare il sesso come arma di manipolazione (dargliela quando se la merita, non dargliela quando si ritiene di doverlo punire, dargliela soprattutto per ottenere qualcosa), non è difficile far passare l’idea che il desiderio sia per noi un pensiero secondario, una roba vergognosa che è giusto nascondere, sopprimere, far passare in secondo piano. È la stessa cultura che fa credere agli uomini di avere un diritto sindacale al sesso, in ogni modo e con ogni mezzo, e senza dover soddisfare nemmeno i requisiti minimi di desiderabilità. Se sei stronzo, orrendo e puzzi comunque puoi andare sulla Cristoforo Colombo e dare dei soldi a una in cambio di un rapporto sessuale, e ti pare che qualcuno ti dice qualcosa? Sei maschio, hai i tuoi bisogni. Il sesso ridotto a una qualsiasi pulsione fisiologica e la donna ad attrezzo: per cacca e pipì c’è il water, per il sesso la femmina, tutto a posto.

In tutto questo, i grandi assenti sono i maschi adulti. Se avessi cinque euro per ogni volta che qualche maschio ha provato a buttare il discorso stupro sulla linea di pensiero “È la biologia/non ci sappiamo trattenere/pulsioni fisiologiche/tu non mi devi provocare” (con la premessa obbligatoria che lo stupro è brutto, bruttissimo, ingiustificabile!), avrei svoltato l’affitto per un po’ di mesi. I maschi adulti sono i grandi colpevoli: sono i primi ad aver totalmente rinunciato a educare i più giovani (nonché a educarsi reciprocamente) all’idea che una donna sia un essere umano la cui autonomia sessuale è insindacabile, e che anche se ti si para davanti nuda tu non la puoi toccare se non esplicitamente invitato. È un’idea che non attecchisce: se le donne stanno al mondo per essere guardate, desiderate, toccate, perché se ne parli come di bovini da macello (le tette, il culo, le gambe, sembra quasi di vedere i trattini intorno alle aree descritte) è impossibile non leggere ogni loro atteggiamento come subordinato al desiderio maschile. Se si mette la minigonna, se ha la scollatura profonda, se esiste in pubblico da sola ti sta lanciando un messaggio e tu devi rispondere. E se dice di no, troppo tardi: sei stato provocato, ne hai diritto.

Che manchi proprio quel tipo di educazione lì poi si è visto in altri casi: a Montalto di Castro, dove la vittima è stata umiliata in pubblico, a San Martino di Taurianova, dove Anna Maria Scarfò ha subito la doppia violenza del mobbing da parte di tutto il paese, e in tanti altri casi in cui la responsabilità della violenza è stata scaricata sulle ragazze. Che non dovevano essere lì, non dovevano dare confidenza, non dovevano essere attraenti, non dovevano. Nessuno ha mai parlato di cosa non avrebbero dovuto fare i maschi che le hanno violentate, di quali siano le loro responsabilità, e sono pronta a scommettere che non se ne parlerà veramente neanche questa volta.

 

25 Risposte a “E ora parliamo di stupro”

  1. Come mamma di un bambino di 8 anni ed una bambina di 7 farõ tesoro di questa tua riflessione. Non è facile trovare il modo giusto per spiegare ai piccoli le cose dei grandi ; il paragone carezza/pugno mi sará utile. Grazie

  2. “I maschi adulti sono i grandi colpevoli”, ok, anche se generalizzare lo trovo sbagliato. Essi sono colpevoli…insieme a tante mamme che non educano al rispetto per l’essere umano soprattutto i loro figli maschi. Parlo per esperienza di padre e vi posso assicurare che c’è un diffuso atteggiamento di indifferenza degli atteggiamenti aggressivi e prepotenti dei bambini maschi nei confronti dei loro coetanei di entrambi i sessi da parte delle mamme, come se questo fosse necessario per permettere loro di formarsi il carattere per non essere prevaricati dagli altri nella vita da adulti.

    1. Ognuno si prende le sue responsabilità, Rob: un maschio guarderà il papà o i maschi di riferimento per capire quali sono i comportamenti considerati “adeguati” al suo genere di appartenenza. Se il padre rinuncia del tutto a fornirgli un modello positivo di relazione con le donne, il bambino è più esposto. I maschi adulti stanno in generale mostrando una resistenza incredibile a mettersi in discussione quando si parla di violenza sulle donne, e dire “Eh, ma anche le mamme” è una forma di resistenza.
      Ognuno fa il suo lavoro e dà il suo contributo. Ognuno parla per se stesso. Tu cosa fai per insegnare ai tuoi figli che le donne sono persone come loro?

      1. Giulia, coinvolgere le mamme nel loro ruolo e nelle loro responsabilità nel crescere in maniera sana dei bambini maschi non è una forma di resistenza ma è completare il quadro familiare coinvolto nella educazione dei bimbi. “Completare” significa che “i maschi adulti sono i grandi colpevoli” mi sembra di aver scritto: ok. Quello che non hai fatto tu è coinvolgere l’altro 50% delle parti in causa sottovalutandone l’importanza. Ma ognuno parla per sé stesso, deduco valga anche per te.
        Nel mio caso, per esempio, mia madre è stata fondamentale per inculcare a due figli maschi il rispetto per la figura femminile.
        Non so tu ma io sono papà di due bambine e sono molto attento all’atteggiamento dei genitori (sia maschi che femmine) nei confronti dei loro bambini e ti posso assicurare che i papà non hanno la stessa paura che hanno le mamme che il proprio figlio si faccia sottomettere o prevaricare e che questo porti loro un giorno da adulto “a non avere carattere”.

        1. Le mamme sono già generalmente molto coinvolte nell’educazione dei figli, e il discorso che fai – per quanto valido: tutti devono concorrere a trasmettere dei valori sani – lascia completamente fuori il lavoro che i maschi dovrebbero fare su se stessi, con gli altri maschi giovani e adulti, in generale in società. Smettere di trattare le donne come oggetti da decorazione si può, ma non molti sono inclini a farlo. Tutti devono cominciare a cambiare mentalità, ma gli uomini devono fare uno sforzo doppio, proprio in virtù della cultura maschilista in cui sono cresciuti.

  3. Lo stupro (così come la violenza fisica) non è un problema da donne. Lo stupro è un sottoproblema da uomini, facente parte del più grande conetnitore del problema della violenza maschile che si esercita in diversi modi (botte, stupri, pressione psicologica) su diversi soggetti (donne, bambini, altri uomini, famigliari stretti, collaboratori di lavoro, compagni di scuola, ecc).

    Parlare sempre e solo delle vittime fa scomparire nel retroscena chi compie questi atti, e li slega l’uno dagli altri, facendo perdere di vista la visione complessiva del problema.

    Parlare delle vittime concentra l’atto su di loro, e su quello che avrebbero dovuto, avrebbero potuto, e che invece.

    Finchè non ci si concentra su chi stupra, invece che su chi è stato stuprato, il probmea non si risolverà mai. Pietismo, processo alle mode, ai segnali, alle pulsioni, ma non si individua la malattia della violenza repressa e irrepressa che uomini adulti adoprerano su altri uomini, donne e bambini.

  4. Stai generalizzando per cui ti lascio stare.
    In bocca al lupo.
    Se per caso avrai un figlio maschio non aspettare solo l’esempio del papà ma REDARGUISCILO quando fa il prepotente con altri bambini o con le femminucce, insegnagli che l’altro bimbo/a è un essere umano che sente e che soffre per quello che gli succede, non ti girare dall’altra parte pensando che se impara a fare così saprà imporsi anche domani nel mondo degli adulti.

    1. A parte il fatto che non ho mai parlato di aspettare SOLO l’esempio del papà, mi pare interessante (e rivelatore in mille modi) che tu concluda spiegandomi in che modo io dovrei educare un mio ipotetico figlio per fare in modo che mi rispetti: credo vada alla voce “Consigli non richiesti”, ma pazienza. E comunque non hai risposto alla mia domanda: cosa fai tu, nel mondo, per trasmettere l’idea che le donne sono persone come gli uomini?

  5. Tu hai già sentenziato: gli adulti maschi sono i grandi colpevoli. Nonnostante io abbia ammeso (e non per farti contenta) che c’è una parte di verità in questo, tu mi tiri in causa senza neanche conoscermi. Forse tu hai conosciuto figure maschili violente ed autoritarie in vita tua? Ed è per questo che ne parli così?
    Io sono un figlio uomo di madre femmina. Lei è stata la prima donna che ho conosciuto e da lei io e mio fratello abbiamo imparato il rispetto nei confronti degli altri esseri umani, tutti. Ed è lo stesso rispetto che io che ho due figlie piccole femmine non vedo inculcare oggi dalle mamme ai loro figli maschi.
    Tu hai dei bambini? Frequenti scuole, palestre, feste? Frequenti genitori? Sai come questi educano i loro figli, quanto li viziano o tollerano i loro comportamenti aggressivi e prepotenti verso i coetanei? Io un pochino sai.

    1. Rob, non mi pare che siamo qua per psicanalizzare me, ché la mia esperienza è del tutto irrilevante rispetto a quello che ho scritto, dato che non ho l’abitudine di ragionare esclusivamente sul mio ombelico. Sì, i maschi adulti hanno grandi responsabilità, io continuo a chiederti cosa fai tu nel tuo piccolo per trasmettere una certa idea e tu continui a parlarmi di cosa fanno di sbagliato le donne.

      Non ne usciamo, davvero.

  6. Non ne usciamo perché pensi che le responsabilità di certi gesti riprovevoli che compie l’uomo ai danni della donna siano attribuibili solo al cattivo esempio della figura paterna. Per me non è così. E non si tratta solo di punti di vista. Concorrono all’educazione degli uomini, padri e madri. Io, oltre all’atteggiamento violento e maschilista dei padri ci vedo anche una colpevole indifferenza e leggerezza del genitore madre. Ho degli esempi tutti i giorni di questo. Io, personalmente, non ho imparato il non rispetto per la donna da parte di mio padre ma ho imparato ad avere rispetto della donna grazie a mia madre.

    “Mio figlio è un bravo ragazzo” dichiarazione dalla mamma dell’omicida della ragazza di Palermo (sorella della fidanzata) avvenuto lo scorso anno in questo periodo. Questa affermazione, anche in atti meno gravi, è sempre più ricorrente. E’ evidente che c’è qualcosa che deve non aver funzionato e che riguarda il rispetto dell’altro/a e della vita umana per alcune persone. E secondo la mia esperienza, l’azione della mamma sul figlio piccolo maschio è molto più importante di quello che si creda.

    1. Non ho detto SOLO. Ho detto ANCHE. E la colpa è spesso proprio l’omissione: un uomo che vede la madre dei suoi figli crescerli in quel tipo di mentalità non può semplicemente stare a guardare, a meno che non sia complice. La cultura maschilista è sicuramente passata ai figli anche dalle donne, ma se un uomo abdica al suo ruolo di educatore, può poi permettersi di fare la morale a chi si è assunto il compito al posto suo?

      La domanda però te la ripeto ancora, così è chiara: tu cosa fai, con le tue figlie, con i bambini che conosci, con gli adolescenti con cui vieni in contatto, con gli altri uomini? Sei in grado di trasmettere una visione della donna non strumentale, o anche tu parli delle donne con disprezzo o come se non fossero del tutto umane?
      Cosa fanno gli uomini intorno a te, per combattere la misoginia?
      Quanti ne conosci che si impegnino in prima persona per fare sì che le donne non siano offese o discriminate? E quanti invece se ne fregano perché non è un problema loro? Non svicolare. Rispondimi. O almeno pensaci.

  7. La degregorio ultimamente stupisce sempre di più con un falso progressismo femminista che mi lascia particolarmente sconcertato quanto dice

    “Forse non ha nemmeno lottato per evitare quel barbaro rituale che chissà, magari era proprio quello che l’avrebbe fatta diventare grande, finalmente. Forse per qualche tempo ha pensato: è stato quello che doveva essere.”

    mi sembra solo di leggere la versione di sinistra della frase “la troia ci stava”.

  8. Non sto svicolando. Il tema centrale del tuo articolo era l’attribuzione delle responsabilità di taluni atteggiamenti di rappresentanti del sesso maschile verso quello femminile. Forse tu vuoi spostare l’attenzione su di me?
    Ciao Giulia, buona vita. Spero solo che la nostra conversazione sia stata utile a qualcun altro che ci legge.
    Ro.

  9. OT
    1. sapere da laurie penny sull’internazionale (Quel femminismo patinato…) che l’essenza irrinunciabile del femminismo è di essere – cito a memoria – “aggressivo, provocatorio e carico di rabbia” nei confronti degli uomini
    2. stupirsi che gli uomini non collaborino entusiasti

  10. linko (senza nessuna voglia di litigare) per la relativa somiglianza della situazione (relazione “amicale” tra i soggetti coinvolti) e per dire che in casi così affermare la presenza o meno del consenso è molto meno scontato di quanto si voglia far pensare
    http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2013/12/05/news/stupro-di-gruppo-in-pizzeria-assolti-i-due-maggiorenni-1.8242679
    per litigare invece sottolineo che sia il giudicante che il PM sono donne e

  11. Mi pare riduttivo ritenere che lo stupro sia riconducibile al maschilismo, dato che avviene anche fra omosessuali o da parte di adulti (uomini o donne) su minori. La sopraffazzione non ha genere, ne razza, ma senz’altro é vigliacca e coglie l’occasione quando ha il coltello dalla parte del manico.
    Nel quartiere dove sono nato, ho visto episodi di razzismo, ma piu che alla razza la discriminazione era legata alle condizioni socioeconomiche della vittima, un africano che vende occhiali da sole in metropolitana non é della stessa razza del presidente degli stati uniti.
    Una societá che non pratica il rispetto, suona ipocrita quando finge di educare i giovani.

  12. Alcune considerazioni sull’assoluzione nel caso della Fortezza.

    I reati sessuali (a differenza di altri) sono reati in cui la testimonianza della persona offesa può costituire l’unica fonte di prova di colpevolezza dell’imputato.

    Ciò viene consentito al fine di dare più “forza” processuale alla persona offesa da questi reati.

    Come controbilanciamento la Cassazione afferma che “poiché la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l’attendibilità del teste”.

    Nel caso in esame l’assoluzione è dipesa unicamente dal fatto che le dichiarazioni della persona offesa sono state ritenute – motivatamente – contraddittorie e inattendibili (pp. 20 e ss. della sentenza).

  13. E comunque aggiungo le parole del difensore degli imputati:

    http://firenze.repubblica.it/cronaca/2015/07/23/news/assolti_dallo_stupro_alla_fortezza_e_finito_un_calvario-119688422/;

    aggiungo che la persona offesa aveva denunciato una settima persona, estromessa dal processo già in primo grado perchè non presente sul luogo degli asseriti fatti (per dire l’attendibilità);

    aggiungo che nè la procura nè la parte civile hanno ritenuto di appellare la sentenza (non considerandola quindi quel mostro giuridico che l’avvocato della persona offesa denuncia – senza contraddittorio – solo sui media);

    aggiungo che sono stupefatto dalla mia continenza.

    Le solite cordialità.

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