Guarda un po’ chi si rivede: Federico Moccia. Non che fosse disoccupato, ragazzi, state tranquilli, però era un po’ che un suo libro non causava gravi danni al decoro urbano di mezzo mondo. È tornato, e questa volta vuole i vostri soldi per un progetto rivoluzionario, ma che dico, gigantissimo. Si chiama Flook, e il claim è “La tua vita che scorre fra le mie parole”.
Guardate voi stessi, con i vostri occhioni.
Questo è quello che abbiamo capito. Federico Moccia scrive una storia e lascia un personaggio in bianco. Un personaggio fico, eh, non vi preoccupate. Ecco, quel personaggio siete voi. Citiamo dal sito:
Tra i personaggi della storia, ne spicca uno che abita, in totale anonimato, nella vita virtuale dei social, sotto le forme, peraltro molto affascinanti, di un character 3D, sviluppato solo per il FLOOK.
Nel corso della lettura, la piattaforma richiede di caricare immagini, “riflessioni” (un termine caro alla poetica mocciana) ed emozioni, e le integra nell’opera di Federico Moccia. Tutto in automatico.
Il Flook, si dice, è un nuovo genere letterario.
Vi è già esploso il cervello? A me sì. Non sono sicura di riuscire a finire questa recensione. Che poi non è una recensione dell’app in sé, dato che l’app non esiste, e il video qua sopra serve solo a raccogliere fondi per lo sviluppo. E se ci pensate, il crowdfunding è il sistema di pubblicità più geniale mai inventato: la gente parlerà del tuo prodotto perché tu hai chiesto in giro i soldi per farlo. Quindi qualcuno ti darà dei soldi, e anche quelli che non te li daranno mai (tipo me, per esempio) ti aiuteranno a fare in modo che altri te li diano. Ogni battuta di questo post è un paradosso, è una caduta libera in un buco nero di antimateria letteraria. Ma andiamo avanti.
Chi scrive (ma anche chi legge con una certa frequenza) sa che una storia è costruita su un intreccio. Ci sono dei personaggi che si muovono, e interagendo fra loro costruiscono la vicenda. La prima domanda sorge spontanea: che ruolo ha il personaggio anonimo – però fico – in cui tu infili la tua emotività come se fosse una tasca? Come interagisce con il resto della storia e gli altri personaggi? Interagisce, o galleggia come l’olio sull’acqua? E metti che la tua storia sia più forte di quella raccontata da Moccia, cosa non interamente improbabile? Metti che la tua emotività sia fatta di elementi che non c’entrano niente con quelli degli altri personaggi? Che quelli siano tutti pariolini e tu sei di Fermo nelle Marche, di Matera, di Chieti, di Pontassieve? Ma pure solo di Zagarolo?
Mettiamo quindi che tu invece decida di diventare pariolino per un giorno. Cosa c’entrano le tue emozioni e i tuoi ricordi con quelli del pariolino, se hai vissuto tutta la tua vita in provincia e i Parioli per te sono come Pechino? Ma mettiamo pure che tu sia un pariolino e la storia sia ambientata a Torpignattara: sei sempre tu, o è un altro? I luoghi della tua vita, le persone che conosci, come si inseriscono nella vicenda? Per capirci: l’esercizio che è richiesto è la personalizzazione, o l’immedesimazione?
Messa così, più che un nuovo genere letterario sembra l’equivalente di mettersi dietro il cronista del TG a salutare con la mano, e per giunta con la sensazione costante di essere un personaggio di contorno di una vicenda ben più interessante vissuta da qualcun altro. Ora, non so voi, ma a meno che ieri notte Moccia non si sia svegliato con la vena di Wallace mi sembra difficile che gli riesca di partorire una storia davvero originale. Facile invece che la vostra vita sia più interessante di quella che racconta lui.
In tutto questo, il video si impegna a trasmettere un messaggio che sta a metà fra il vampirismo emotivo di Moccia che cammina per Roma e si ferma a contemplare con aria benevola il popolo che gli fornisce materiale e la distruzione totale della visione dell’autore, che è un modo pomposo per dire “Tu, autore, ti siedi e scrivi una storia che la gente legga e sappia fare propria”. Cioè, nel bene e nel male, quello che Moccia fa da vent’anni. Ché un libro che riesce a far mettere lucchetti in tutto il mondo è già un libro che è riuscito a toccare le persone. Nessuno ha bisogno di essere un tirapiedi di Step o un’amica di Babi: tutti possono essere direttamente Step o Babi. È a quello che servono i libri, a farti vivere vite altrui, non a riprodurre in eterno la tua.
Altre domande. Su Flook sarà mai possibile caricare le proprie storie e renderle personalizzabili per gli altri? Questo aprirebbe uno scenario incredibile per gli autori di fanfiction, che rappresentano il confine ultimo massimo in materia di appropriazione e immedesimazione nell’opera altrui. Immaginatevi il Flook (l’articolo determinativo non è mio: ce l’ha messo Moccia, evidentemente impermeabile all’evoluzione della lingua per cui le app si nominano senza) invaso dalle Directioner, ognuna con la sua storia d’amore con un membro del gruppo da condividere con le amiche. Pensate alle lotte gerarchiche, agli ius primae noctis, agli affollamenti sul povero Harry. Un utilizzo dello strumento caotico, ma decisamente produttivo e partecipato. Non un nuovo genere letterario, ma un nuovo modo di fare qualcosa di già esistente e molto redditizio.
Al momento, però, quello su cui si raccolgono fondi sembra essere la possibilità di personalizzare una storia di Federico Moccia appiccicandoci delle fotine, due canzonette di Ligabue e dei pensieri prelevati di peso da un libro di Fabio Volo. Perché anche quello è il lavoro dell’autore, ovvero restituire in parole delle emozioni che conosci, se non proprio di fartene vivere di nuove.
Mi ha detto mio cugino che uno che entrava nei libri è finito inseguito da un peloso verbo irregolare.
Quest’idea ha troppe cose in comune con The Following per essere al di sotto della soglia del disagio.
Il cinquantenne Moccia che si aggira per la città guardando le ragazzine con lo sguardo che avrebbe Raspelli in una salumeria, mi mette uno schifo raro.