Il lamento del privilegiato

Ok. Respira. Tranquilla. Respira. Uno, due, tre, quattro, cinque, respira. È l’internet. La gente digita cazzate perché ha la tastiera sotto. Uno, due, tre, quattro, cinque. Respira. Se non fosse così, se il maschilismo non esistesse, non morirebbe una donna ogni tre giorni (solo in Italia, solo quest’anno, siamo intorno alle centoventi vittime, ammazzate da compagni, ex compagni, fidanzati, ex fidanzati, mariti, ex mariti). Respira. Respira. Respira. Non bisogna arrabbiarsi. Mai arrabbiarsi. Tenere sempre gli occhi sull’obiettivo. Una risata li seppellirà, come dico sempre alle mie amiche più giovani, quelle che con questa roba fanno i conti ora per la prima volta.

Ho provato a ridere. Non mi veniva.

Sono tutti intorno a me. Quelli che la parità di genere è una cazzata perché gli uomini sono diversi dalle donne (e quindi? Che conclusioni dobbiamo trarre da questa stupefacente constatazione ricca di così tanto approfondimento?) Quelli che il femminicidio non esiste perché non ci sono i numeri per dirlo (centoventi, uccise da partner o ex partner, non sono un numero). Quelli che le donne sono cattive come gli uomini perché uccidono in maniera sottile. Quelli che le donne se la vanno a cercare. Quelli che non gli piace la parola “femminicidio” (neanche a me: è sufficiente per far delegittimare l’allarme? Centoventi solo quest’anno. Lo ripeto. Centoventi). Quelli che anche le donne picchiano. Quelli che “femminista” è una brutta parola perché non è giusto tifare per un sesso contro l’altro (e non si sono mai sprecati ad andare a controllare cosa il femminismo abbia fatto per loro, sì, anche per loro: come le femministe abbiano lottato per avere contraccezione e divorzio, per dirne solo due che li riguardano. Di come le femministe moderne si occupino di ridisegnare insieme agli uomini le narrative sociali che li riguardano, manco quello, sanno: dovrebbero essersi informati, e invece vivono nella loro supponente ignoranza). Quelli che. Quelli che. Quelli che.

Sono arrabbiata.

Sono arrabbiata perché niente, niente al mondo mi fa infuriare come i privilegiati che frignano, puntano i piedi, si rifiutano di riconoscere che vivono in una condizione di privilegio. Sono arrabbiata perché, solo in quanto donna, nella mia vita ho subito discriminazioni, sono stata palpeggiata e molestata in pubblico, mi sono sentita trattare come se fossi una bambina incapace, mi sono sentita chiedere “Cosa ne pensa suo marito?” di cose in cui un mio eventuale marito non c’entrava niente, mi sono sentita giudicare perché non ero fidanzata/sposata/non avevo figli/non ero abbastanza bella/non ero abbastanza compiacente. Mi sono vista spiegare con fare accondiscendente cose che sapevo molto meglio del mio interlocutore. Sono grande, ho quarant’anni, certe cose me le scrollo di dosso e non permetto alle persone di rivolgersi a me come se fossi una minus habens in quanto dotata di utero. Ma qui non si parla di me, qui si parla di un intero sistema sociale basato su un’idea balorda di “differenza” e progettato per fare in modo che i maschietti continuino a giocare per conto loro nel mondo, indisturbati. Si parla di un mondo in cui è considerato originale essere antifemministi, in quanto femminismo e maschilismo sono la stessa cosa e no: non lo sono.

Allora ditelo, che volete farmi saltare i nervi per poi potermi dare dell’isterica (ché una donna che si arrabbia non è una donna, una donna che si arrabbia deve darsi una calmata) mentre mettete in dubbio il mio diritto a occupare spazio nella società, mi accusate senza mezzi termini di essere colpevole di ogni abuso che io abbia subito o possa subire, mi chiedete compiacenza in cambio della grazia di non ammazzarmi di botte, ché la terza via – se incontro una scassacoglioni me ne vado – proprio non si dà: se una ti rompe i coglioni la devi punire, punto. Perché? Boh. Perché sei uomo? Diverso? Ma che senso ha? Qual è la logica, se non quella del privilegio che non ammette di essere ostacolato o contraddetto?

A me non piace pensare male della gente in quanto maschio o femmina, e se questo modo di pensare fosse esclusiva dei maschi hai voglia quanto poco ci avremmo messo a isolarli: è pieno così di femmine convinte che il femminismo non sia necessario, e che con buona evidenza considerano normale non poter abortire in sicurezza in strutture pubbliche, essere penalizzate nel mondo del lavoro, essere legate a modalità esistenziali basate quasi interamente sulla bellezza e la magrezza, e soprattutto considerano normale morire per aver lasciato un uomo. E già sono pentita di aver scritto tutto quanto sopra, è una scompostezza che non amo, una trasparenza emotiva che mi sembra pericolosa e che mi attirerà altre critiche, altre affermazioni che mi faranno ancora più arrabbiare. Altra gente che cercherà di convincermi che va tutto bene così, che rischiare la vita ogni giorno in quanto donna sia normale, che è colpa mia, che se volevo essere lasciata in pace potevo stare zitta. Questa non dovrebbe essere la mia battaglia, non dovrebbe essere la mia rabbia: dovrebbe essere la battaglia e la rabbia di ogni uomo e ogni donna che non può accettare che le persone ricevano un trattamento sociale diverso e iniquo solo perché nate con i genitali sbagliati. È anche una vostra responsabilità, maschi o femmine che siate: ma se siete maschi è doppiamente una vostra responsabilità chiedere, anzi, pretendere che le donne intorno a voi vi siano pari per diritti e dignità.

Continuo a respirare, ma non mi passa. Non mi passerà mai.

6 Risposte a “Il lamento del privilegiato”

    1. Quella è una trollata. Il problema non è l’articolo, sono i like sull’articolo. È la gente che mi linka pezzi di Il Fatto Quotidiano che portano gli stessi argomenti con un linguaggio più socialmente accettabile.

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