Ma il coccodrillo come fa? il caso Isbn e la crisi dell’editoria

nile-crocodile-245013_640Sarà un post un po’ disconnesso, ma ho bisogno di buttare giù qualche idea.

Del casino scoppiato intorno a Isbn non è che vi debba spiegare molto (se invece vi devo spiegare facciamo che vi leggete questo articolo di Paolo Armelli e poi tornate, vi si aspetta). Alcune considerazioni che in parte condivido le ha fatte Christian Raimo su Minima&Moralia. Se ci butto sopra due righe è perché penso che più a lungo se ne parla e meglio è.

Il mio timore, in tutta questa faccenda, è che l’onda dell’indignazione passi e tutto torni come prima. Anzi, non è proprio un timore, diciamo che è una certezza percorsa da un certo informato pessimismo. Il dato di base è che in Italia, un posto dove circa il 60% della popolazione non legge affatto (lo dico tagliando i dati un po’ con l’accetta, nel link ci sono le specifiche) gli editori proliferano. Eppure sappiamo che moltissimi di loro non pagano o pagano pochissimo (fate sempre riferimento al pezzo di Christian Raimo qui linkato per i dettagli), e non sono solo i piccoli. È il grande non detto dell’editoria: si lavora sulla base di una promessa. Tanto non c’è sindacato o sciopero che ti possa tutelare, e rivalersi è molto difficile, lungo e costoso. Così molti editori rimangono sul mercato sulla pelle di chi lavora per loro.

A tutti i lavoratori del terziario avanzato – me inclusa – è capitato di non essere pagati per un lavoro svolto. La norma è il ritardo estremo, ma capita spesso che i soldi non li vedi e basta. Fare causa, come dicevamo, costa troppo ed è una faccenda lunga: fai prima a rassegnarti a perdere i soldi, anche perché c’è chi fallisce, chi finge di fallire e in realtà cambia solo nome, chi passa le società di mano in mano. L’insolvenza degli editori è parte di un problema molto esteso che nessun governo vuole affrontare, perché le amministrazioni pubbliche sono notoriamente pessimi pagatori. Finché non cambiano le regole che consentono a un lavoratore di fare causa rapidamente a un cliente o datore di lavoro insolvente e ottenere il dovuto la situazione rimarrà identica.

Nel caso dell’editoria, la tendenza a fare business sulla pelle di autori, traduttori e consulenti è aggravata dalla percezione dell’industria del libro come velleitaria e superflua (e le campagne come #ioleggoperché non aiutano per niente, diciamocelo). Non voglio entrare nel merito del perché questo succeda, sarebbe materia per un altro post: quello che mi preme dire è che è una percezione sbagliata e controproducente. Non è possibile pensare che un paese moderno che voglia andare verso una più alta specializzazione tecnologica possa arrivarci senza cultura. Neanche se l’Italia fosse un paese di agricoltori ce lo potremmo permettere, perché anche l’agricoltura è diventata un mestiere che richiede più preparazione, creatività e tecnologia che braccia. L’industria culturale e il lavoro intellettuale sono vitali per lo sviluppo del paese: parlo di soldi, non di vaghe aspirazioni o di saper recitare Proust a memoria. La circolazione di cultura e idee, l’alfabetizzazione, il dominio del vocabolario e di almeno un’altra lingua oltre alla propria sono fondamentali per proiettarsi fuori dal pantano dei bei tempi andati ed entrare davvero nel mondo. Il Made in Italy non può essere per sempre quello di sessant’anni fa: il Made in Italy di successo non è da un pezzo quello di sessant’anni fa.

Tornando al punto da cui siamo partiti: io non credo che dal caso Isbn uscirà un grande cambiamento. Il vento è già girato, e la lunga missiva di Massimo Coppola sullo stato della casa editrice in cui si scusa con i lavoratori non pagati non ha mancato di far scendere qualche lacrima (più o meno di coccodrillo). Insomma, il passato è già bello che scordato, e con il passato anche la gente che per Isbn ha lavorato gratis. E non ho visto nessuno rispondere “Scuse accettate, Massimo, mò però paga”, perché non sta bene: e del resto c’è voluto il piedone d’elefante di un autore straniero per far scoppiare il caso. Se vuoi anche solo sperare di rivedere i tuoi soldi, in Italia, ti conviene stare zitto e muoverti come un ninja: che non si sappia. Si tornerà presto alla situazione di partenza, a editori che non pagano e gente che tace, in attesa, vergognandosi anche un po’ di fare un mestiere che amano.

Aggiornamento: la risposta dei collaboratori di Isbn alla lettera di Massimo Coppola.

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