Noi e loro: il problema della tolleranza

Capita raramente di riuscire a individuare con tanta precisione la radice di un problema. Il tema dell’integrazione – in Italia, ma anche altrove – è in generale abbandonato alle scorribande della destra populista, che distorce i fatti per adattarli alla sua personale visione del mondo. E così un preside di Rozzano viene accusato (peraltro probabilmente a sproposito: ma chi se ne frega della sua versione, quando la bufala si presta così bene all’indignazione?) di aver annullato il Natale a scuola.

Su questa storia montata a neve si innesta, inesorabile come la morte e le tasse, L’amaca di Michele Serra.

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Dicevo: è raro riuscire a individuare con tanta precisione la radice di un problema. Una persona “colta e di sinistra” (andrebbe scritto tutto attaccato, coltaedisinistra), in teoria rappresentante della frangia più progressista e moderna della società, che espone le sue idee sull’integrazione. E subito ci si spiega Torpignattara, al momento babau della televisione italiana, covo di terroristi, panico orrore raccapriccio.

C’è così tanto, in questo colonnino. L’eterno “noi e loro”, le “tradizioni”, l’idea che se sei musulmano in Italia sei comunque un ospite e un corpo estraneo, l’idea che non esistano – oltre ai bambini musulmani – bambini buddisti, ebrei, indù, atei. L’idea che se non canti “Tu scendi dalle stelle” a scuola tu venga privato di un’esperienza fondamentale per la costruzione dell’identità nazionale. L’idea che una società si costruisca sulla “tolleranza”, sul sopportarsi magari ignorandosi a vicenda, piuttosto che sul creare spazi condivisi in cui nessuno si senta escluso. Michele Serra le becca tutte, come la pallina di un flipper: è qui, in questa finta disponibilità che nasconde un razzismo che si vergogna di se stesso, la radice di tutto. Un paese che per sentirsi tale si deve aggrappare a tradizioni religiose non è diverso da una qualsiasi teocrazia nordafricana, ma guai a farlo notare: ché il presepe è calore, famiglia, infanzia, bello, muschio dappertutto, cartapesta, Eduardo.

Non divaghiamo. Il problema è serio. Serra cerca di far passare come giusta e opportuna una divisione sociale che sul lungo periodo spinge le persone all’isolamento e alla radicalizzazione. Cristiani di qua, musulmani di là, e sia chiaro che qui in Italia comandano i primi, non scherziamo. E chi è musulmano in Italia è straniero, mica italiano. Non esistono musulmani italiani.

Il preside Parma avrebbe avuto tutte le ragioni di togliere i crocifissi. La scuola è uno spazio comune in cui ogni studente dovrebbe poter portare il suo vissuto senza sentirsi escluso, e il cattolicesimo non si difende – posto che sia opportuno o necessario difenderlo: mi pare che si difenda benissimo da solo – prendendo la gente a cristate in faccia. La scuola è il posto in cui ragazzini di ogni etnia e religione imparano la lingua comune e con essa comunicano, apprendono i fondamenti della Costituzione che impedisce le discriminazioni di ogni tipo, e se vogliono e tutti sono d’accordo cantano anche “Tu scendi dalle stelle”, oppure no. I musulmani, per inciso, venerano Cristo come Parola di Dio. Ma il punto non sono i musulmani. Il punto è imporre la religione come fattore unificante, cioè esattamente il problema dell’Iran, per dirne uno. E il punto è anche usare i musulmani come capro espiatorio. Del resto, gli ebrei sono passati di moda da un po’.

“Tolleranza” è una parola come le altre, ma è la parola sbagliata da usare per costruire una società. Io tollero molte cose, e in generale sono le cose che mi danno fastidio: i calzini sul pavimento, i mezzi in ritardo, l’esistenza di Salvini (la tollero, sì: mica gli vado sotto casa con un cric, né mi auguro che qualcuno lo faccia). Una società non si costruisce sulla tolleranza, ma sull’accettazione, sullo stare insieme pur mantenendo le tradizioni che si ritiene di dover mantenere, e abbandonando le altre: ci sono tradizioni italiane di cui facciamo volentieri a meno e altre, invece (in generale culinarie) che vale la pena di sostenere e tramandare. La libertà religiosa è fondamentale, ma si interrompe dove inizia quella altrui: non può esserci un Dio più grosso degli altri. Né possiamo continuare ad aggrapparci al presepe per sentirci italiani, ché la cartapesta, si sa, è un materiale fragile.

10 Risposte a “Noi e loro: il problema della tolleranza”

  1. Io diversificherei gli ambiti di scuola (pubblica) e società in generale.

    Nella società, in particolare multiculturale, la tolleranza è necessaria. In questo senso non mi è molto chiara la differenza tra tolleranza e accettazione come descritta nell’ultimo capoverso.

    Sul post di Serra (al netto di ciò che è veramente accaduto a Rozzano) credo che avrebbe scritto le stesse cose nell’ipotesi di eliminare i canti di natale per non disturbare gli atei.

    1. È una differenza abissale. Sono capaci tutti di vivere nello stesso quartiere con gente di altre etnie e religioni senza interagire mai, magari guardandosi in cagnesco, completamente separati. Sono capaci tutti, finché non si arriva allo scontro, o alla radicalizzazione. Accettazione significa che la gente che arriva in Italia non deve saltare nei cerchi di fuoco per avere la cittadinanza, può praticare la sua religione ma non essere prevaricata negli spazi comuni, e soprattutto che il terreno condiviso non sono tradizioni religiose (visto che ognuno ha le sue e molti non le hanno affatto), ma valori sociali un po’ più stabili, il rispetto delle istituzioni, i principi della Costituzione.
      Al momento stiamo costruendo una società fatta di blocchi, e non di gruppi che si fondono fra loro.

      1. Detta così mi sembra di sentire Imagine, però durante Do the right thing.

        Parlando della società in generale, io penso che colpevolizzare e censurare l’inevitabile fastidio (reciproco) necessario alla tolleranza sia un ottimo sistema per arrivare alla radicalizzazione.

        In questo senso “il discorso sul metodo” di Serra mi pare avere dei pregi.

        1. È inevitabile se pensi che essere separatisti, razzisti e (diciamolo) pure un po’ stronzi sia normale e accettabile. Non lo è. Da chi si pone come editorialista ideologo mi aspetto che abbia una visione della società un po’ più legata alla realtà: i musulmani (ebrei atei indù buddisti) italiani esistono, sono italiani come tutti gli altri e come tutti gli altri meritano rispetto e considerazione.

          Altra strada non è possibile, a meno che non ci piaccia coltivare forme di terrorismo nichilista sempre nuove.

          1. Cioè, per non radicalizzare, mi ha elegantemente dato del separatista, razzista e pure un po’ stronzo ?

  2. La verità però è che le religioni devono stare fuori dalle scuole perché – banalmente – non c’entrano una mazza con l’istruzione, non per riguardo verso altre religioni.

    Il crocifisso è il logo di una multinazionale. Chi mai vorrebbe il logo della Nestlè in tutti i tribunali e in tutte le aule scolastiche?

  3. Che ragionamento intelligente, che osservazioni acute, che logica ferrea! Tu devi essere quella che al liceo prendeva voti alti senza studiare, soprattutto in matematica. Dovresti scrivere un libro sulla politica, sai che successone? Ti chiamerebbero da Oxford e da Cambridge per delle conferenze. Sicuro proprio.

  4. Secondo me la radice del problema è stata individuata da Freud già nel *1927* quando affronta il problema della presenza della religione nell’educazione dei bambini. Egli è convinto che «forse c’è da scoprire un tesoro che può arricchire la civiltà: ed è che vale la pena di tentare un’educazione irreligiosa».
    La tesi di Freud è che non sia accettabile inculcare le dottrine religiose ai bambini, ossia in un’età in cui essi non hanno né interesse per esse, né la capacità di coglierne la portata. Il ruolo dato alla religione nella pedagogia tradizionale conferma esso stesso la natura nevrotica della religione: «S’impone allora l’idea che la religione sia paragonabile a una nevrosi infantile, ed è abbastanza ottimista da supporre che l’umanità supererà tale fase nevrotica al modo stesso in cui, crescendo, molti bambini guariscono dalla loro analoga nevrosi». (cfr. L’avvenire di un’illusione, fonte wikipedia)

    Insomma… “Tolleranza” è la parola sbagliata.

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