Dovremmo essere tutti dalla parte di Asia Argento

pexels-photo-306739Niente di quello che Asia Argento ha detto a Ronan Farrow della sua esperienza con Harvey Weinstein mi suona strana o stonata rispetto a un quadro di violenza. Niente. Nei racconti delle donne stuprate o molestate, questa modalità ritorna spesso: violentata da qualcuno che conosci, puoi scegliere se farti il vuoto intorno o provare a razionalizzare questa violenza continuando a frequentarlo, fingere che vada bene anche se non va bene, addirittura averci un rapporto negli anni successivi. Come se il sesso offerto cancellasse quello preso con la forza, lo attenuasse. Non è così, la ferita rimane, ma il tempo passa e chi ti crede più? Se sapevi che non ti avrebbero creduta a vent’anni, figurati se ti credono a quaranta, con la tua reputazione, poi.

Potevi non andarci. Non ci si fida di quelli in vestaglia. Potevi sottrarti. Non l’hai fatto. Ne hai approfittato per fare carriera e adesso frigni.

Dovremmo stare tutti dalla parte di Asia Argento. È difficile, vero? E invece fatelo, questo esercizio di empatia. Provateci, smettete di fare quelli che “Ah, se ero io” (lo so che pensate senza congiuntivi, anche se vi sforzate di essere corretti nella lingua scritta: il congiuntivo è sfumatura, e il pensiero perentorio, assolutista, di chi crede di essere sempre nel giusto è così, senza sfumature). Provate a essere una ragazza di ventun anni, minuta, davanti a un bestione in accappatoio che ha più potere su di te di chiunque altro, pure del Presidente del Consiglio, del Papa e di Clinton. Weinstein è l’uomo più potente di tutto il sistema hollywoodiano. Possiede la Miramax. Controlla i tabloid. Ha dalla sua soldi, politici, un esercito di persone influenti che lo difendono. Tu non sei niente, non sei nessuno.
Subisci una violenza, poi te ne vai. La affronti come puoi.

Il pensiero perentorio dice: denuncia! Se non denunci, lui può farlo con altre donne.

Lui in effetti l’ha fatto con altre donne, e quasi nessuna l’ha denunciato. Ambra Battilana Gutierrez si è sentita dire che anche se aveva la registrazione della voce di Weinstein che le diceva dai, su, cinque minuti, cosa vuoi che sia, il procuratore distrettuale di New York non avrebbe mandato avanti il suo caso. E del resto, quanto sarebbe stato difficile per lei provare che non ci stava? Era una ragazza del bunga bunga, dopotutto. Denuncia, Ambra! Anzi, no.
Rose McGowan ha detto: Harvey Weinstein molesta le donne, è uno stupratore, io lo so, io sono una di quelle. Da quando l’ha detto, è praticamente svanita nel nulla insieme alla sua carriera. Ma un’attrice che sparisce non lascia un vuoto, viene subito sostituita da altre attrici. Rosanna Arquette ha detto di no a Harvey Weinstein ed è caduta nello stesso buco nero.

Denunciate, denunciate subito! Tanto, a noi che ce ne frega se la vostra carriera finisce? Le stuprate le vogliamo solo se martiri. Le vogliamo solo se Donatella Colasanti, spezzate nell’intimo, distrutte, annichilite, processate nelle intenzioni al posto dei loro stupratori. Anzi no, non ci vanno bene neanche quelle. Quando si presentano lacere e singhiozzanti alla Polizia per denunciare di essere state violentate dai Carabinieri, si trovano davanti un muro di omertà, notizie false, montature. Figuriamoci se ci vanno bene quando sono tutto sommato in salute, attive, e hanno persino osato avere una carriera. Figuriamoci se possiamo resistere all’impulso di dire che se hanno avuto una carriera è non perché sono brave, ma perché l’hanno data a quello là.
Le stuprate devono essere sofferenti. Solo soffrendo possono espiare la colpa di essere state stuprate.

Asia Argento non ha denunciato subito. Ha cercato di riscrivere la realtà: è una reazione tipica delle donne abituate a mantenere il controllo. Non ci è riuscita, e quando ha capito era troppo tardi ed era sola, e Rose McGowan veniva trattata come la moglie pazza in soffitta. Se avesse parlato, non le avrebbero creduto. E infatti non le credono, ora che Ronan Farrow è riuscito a farsi raccontare da lei e da molte altre quello che è successo. Casi che non si possono denunciare, molto difficili da provare già all’epoca: come fai a provare che non ci stavi? Lui continua a dire che non c’è stato alcuno stupro. La paura rende docili: messe davanti alla possibilità di subire un danno – materiale, professionale, ma anche fisico, che ne sai? Weinstein è grosso, ha fama di uno che si incazza facile e chiaramente non ha considerazione per la tua integrità fisica – le donne molestate hanno scelto la linea di minor resistenza. Ma anche quando dicevano “no” lui andava avanti lo stesso.

Non c’è niente di dubbio, sospetto o incongruo nei racconti delle donne che sono state molestate da Harvey Weinstein. E ora che la presenza di Asia Argento ce l’ha portato in casa, stiamo perdendo l’occasione di interrogarci su cosa succeda davvero negli alberghi, nei camerini, negli uffici ai piani alti dei grandi network televisivi. Con gli opinionisti arroccati su posizioni nonnesche (“Cosa pensavi che succedesse, sciocchina?”) o di una violenza insostenibile, intrise di virtù e di “Se ero io” (c’è differenza fra avance sgradite e uno che ti mette in una posizione di vulnerabilità psicologica totale, per cui se gli dici di no e sei sgradevole lui non ti fa nulla ma ti distrugge la carriera, e se non te ne vai finisci per dover subire), ci stiamo perdendo l’occasione di farci una domanda di cui non vogliamo conoscere la risposta.

È proprio vero che sul divano del produttore, del regista, del direttore di rete ci si va volentieri? Quelle di cui si bisbiglia che abbiano fatto carriera dandola a destra e a manca, sono tutte delle Veronica Castello (la spietata arrivista di 1992 e seguenti) o sono delle Asia Argento, messe in un angolo perché tanto chi ti crede?

Lo stupratore seriale potente (come Weinstein, per dirne uno: ma sono tanti) ama raccontarsi che il suo potere fa parte del suo fascino. È un’idea molto diffusa, questa, che il potere sia erotico e che le donne non possano resistervi. La quantità di orrendi maiali di successo che c’è in giro lo rende piuttosto evidente, ma anche se non bastassero quelli, fate mente locale: quanti uomini conoscete per cui mostrare ricchezza, una bella macchina, orologi costosi è fondamentale nel presentarsi alle donne? “Alle ragazze piacciono quelli col macchinone”, si dicono l’un l’altro i ragazzi di provincia, e il sottinteso è: le donne sono tutte puttane. Le donne cercano i soldi.
A un certo punto della nostra vita, tutte abbiamo subito un approccio da un uomo che trovavamo fisicamente repellente e al quale non avevamo dato alcun segnale di disponibilità, ma che pensava di poterselo permettere in quanto ricco, potente, o entrambe le cose. La maggior parte delle volte si svicola. Io so di averlo fatto. E credo che sia solo culo, e circostanza, se non mi è mai successo di trovarmi con le spalle al muro, a dover prendere la decisione meno dannosa per me, calcolare cosa potevo sopportare, sbagliare il calcolo, doverne gestire le conseguenze, decidere di rompere il silenzio, sentirmi dire che sono una puttana e che potevo parlare prima.

Perché non ho parlato prima?
Perché i costi superavano i benefici. Perché volevo dimenticare. Perché volevo riconfigurare tutto. Perché pensavo di potercela fare. Perché pensavo di essere sola. O la sola. Perché quando denunci qualcuno di straordinariamente potente, un centro gravitazionale del tuo universo, rischi di distruggere la tua vita e quella delle persone che hai intorno. Perché non posso provare niente. Perché è la mia parola contro la sua. Perché so benissimo cosa succederà, poi. Ho visto cosa è successo ad Asia Argento.