Quando ho deciso di rinunciare all’incontro pubblico con la ministra Lorenzin in occasione del Fertility Day non sono mancate le persone che hanno dubitato dell’efficacia della mia scelta. A tutti ho spiegato che si trattava di un contesto in cui non sarei stata in grado di esprimere pienamente il mio disaccordo con la campagna, e che sarebbe stato tradotto in un articolo i cui toni non avrei potuto controllare. Non volendo espormi al rischio di sostenere un progetto che trovavo imbarazzante, ho preferito sfilarmi e scrivere sul blog (e successivamente su Medium, in inglese) le ragioni della mia defezione.
“Così arrivi a molta meno gente” mi hanno detto. “Parli solo a chi già ti segue.”
Il post in italiano ha fatto il suo cammino, girando più o meno come quello sugli incidenti di Colonia (quindi: numeri assolutamente sproporzionati a quelli a cui questo blog è abituato). Il post in inglese ha girato meno, dal punto di vista numerico, ma (credo anche grazie al sostegno dell’autrice de Il racconto dell’ancella, Margaret Atwood, che ha ritwittato il link) è decollato all’estero, citato da diverse testate.
Caitlin Hu, Su Quartz:
Barbie Latza Nadeau, su The Daily Beast:
Aimee Picchi, su CBS News:
Ce ne sono un bel po’, e ogni articolo cita parti diverse del mio post originale. Tempo un paio d’ore e mi scrivono da una radio australiana, ABC Australia. Mi vogliono intervistare live nel programma del mattino, RN Breakfast, che da loro va alle sei e un quarto, quando da noi sono le dieci e un quarto.
Eccomi qua, intervistata da Fran Kelly (la balbuzie è gentilmente offerta dal Comitato Lingue Felpate).
Dopo l’Australia è la volta di BBC World Service.
A questo punto alla BBC si passano il mio numero di telefono (giuro) e mi chiama anche BBC Radio 4, ma mi rendo conto che questo sarà il proverbiale albero che cade nella foresta e nessuno lo sente (alla romana: stai a mitomana’), perché non trovo il link al podcast. L’intervista però era registrata e potrebbe spuntare da qualche parte nei prossimi giorni.
Qual è la morale di questa storia?
Con un post sul mio profilo Medium ho raggiunto mezzo mondo e ho potuto parlare di quello che stava succedendo – e dei suoi retroscena – con la mia voce. Ogni volta che tiriamo le pietre al web ci dimentichiamo quanto sia potente e quale sia il suo potenziale di trasmissione di un messaggio. Chi mi rimproverava di essermi ritirata su un ipotetico Aventino per non aver affrontato la ministra su un terreno a me ostile non teneva conto della possibilità di scavalcare i confini nazionali e portare la mia voce letteralmente dall’altra parte del globo, senza dover passare per un evento che non mi avrebbe certo permesso di dire tutto e di dirlo in quel modo.
Come ha fatto notare anche Arianna Ciccone, queste dinamiche vanno studiate, e sono importanti.
Se è vero che nella stragrande maggioranza dei casi il quotidiano nazionale o il settimanale può dare una risonanza maggiore a un messaggio, è anche vero che il quotidiano nazionale o il settimanale non sempre sono più potenti delle voci individuali, o di un coro piuttosto rumoroso, come in questo caso.
Non credo ci si fermerà qui, perché il problema – appunto – non sono le cartoline ma la mentalità che le ha fatte sembrare opportune, ben fatte e niente affatto offensive. La stessa mentalità che ha reso la maternità indesiderabile per milioni di donne, che possiedano o meno qualche forma di istinto materno.
(Un grosso grazie a Giorgia Meschini per avermi passato l’audio di BBC World Service, visto che WordPress fa a botte con i link multimediali esterni.)
Aggiornamento del 5 settembre: habemus BBC Radio 4!
[…] Cose che mi sono successe dopo il post sul Fertility Day Non sottovalutare mai il potere della rete (e di un post ben piazzato). #:Web, Internet ::: Giulia Blasi […]